Antifrode assicurativa: il verbale di Pronto Soccorso fa piena prova delle dichiarazioni confessorie del (preteso) danneggiato

Antifrode assicurativa: il verbale di Pronto Soccorso fa piena prova delle dichiarazioni confessorie del (preteso) danneggiato
26 Agosto 2020: Antifrode assicurativa: il verbale di Pronto Soccorso fa piena prova delle dichiarazioni confessorie del (preteso) danneggiato 26 Agosto 2020

Il Tribunale di Nola, con sentenza confermata dalla Corte d’appello di Napoli, ha rigettato la domanda di risarcimento proposta contro il Fondo vittime da un motociclista che allegava di essere stato tamponato, e scagliato contro un muro di cinta, da un’autovettura non identificata, perché allontanatasi dal teatro del sinistro, senza che il suo conducente si arrestasse per prestare soccorso.

Decisivo a tal fine, nonostante le dichiarazioni di un testimone che aveva confermato dii aver assistito all’urto fra i due veicoli, era stato il fatto che l’attore avesse dichiarato ai medici del Pronto soccorso di essere semplicemente “sbandato in curva mentre guidava il motorino”, uscendo così di strada, omettendo “di menzionare la presenza di un’auto sconosciuta”.

Il (preteso) danneggiato impugnava la sentenza di secondo grado, chiedendone la cassazione per due motivi.

Col primo lamentava l’insufficiente motivazione della suddetta sentenza, con argomenti che l’ordinanza n. 16030/2020 della Corte di Cassazione ha ritenuto “non essere in linea con la nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5” e perciò inammissibili, e, comunque, privi di fondamento, poiché la medesima sentenza, nella ricostruzione della dinamica dell’incidente, aveva attribuito rilievo confessorio alle suddette dichiarazioni dello stesso ricorrente, ritenendole provate dal certificato redatto dai medici del Pronto soccorso ospedaliero, che aveva correttamente qualificato come atto pubblico fidefacente.

Ora, le dichiarazioni rese dall'odierno ricorrente erano entrate a far parte del compendio probatorio attraverso il certificato del presidio medico del pronto soccorso, a cui è stata riconosciuta, in sintonia con una giurisprudenza da cui non vi è ragione di discostarsi, natura di atto pubblico fidefacente, sulla base del rilievo che esso è caratterizzato - oltre che dall'attestazione di fatti appartenenti all'attività del pubblico ufficiale o caduti sotto la sua percezione - dalla circostanza che esso sia destinato ab initio alla prova, cioè sia precostituito a garanzia della pubblica fede e redatto da un pubblico ufficiale autorizzato, nell'esercizio di una speciale funzione certificatrice… il certificato medico è atto pubblico che fa fede fino a querela di falso sia della provenienza dal pubblico ufficiale che lo ha formato sia, ai fini che qui interessano, delle dichiarazioni al medesimo rese”.

Con ciò la Corte ha chiarito per un verso che il verbale del Pronto soccorso rappresenta un mezzo di prova e, specificamente, un atto pubblico, fidefacente sino a querela di falso (che nel caso specifico non era stata proposta), e perciò tale da costituire prova legale delle dichiarazioni rese avanti al pubblico ufficiale (ex art. 2700 c.c.).

E per un altro che ove tali dichiarazioni vengano fatte ai medici del Pronto soccorso da una parte in causa e siano di segno contrario al suo interesse, queste hanno valore di confessione stragiudiziale fatta ad un terzo e quindi liberamente valutabile dal Giudice del merito (ex art. 2735, primo comma c.c.).

Ma tale da poter prevalere anche sulla prova testimoniale, com’era avvenuto nel caso in esame.

La Suprema Corte ha, poi, ritenuto inammissibile il secondo motivo d’impugnazione, col quale il ricorrente lamentava la violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. proprio perché la Corte territoriale aveva ritenuto inattendibile la suddetta prova testimoniale, privilegiando il contenuto della confessione stragiudiziale anzidetta, sulla base della seguente constatazione:

E' consolidato il principio secondo cui l'apprezzamento del giudice di merito, nel porre a fondamento della propria  decisione una argomentazione, tratta dalla analisi di fonti di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e le circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (ex plurimis, cfr. Cass. 8/08/2019, n.21187). Sono infatti riservate al Giudice del merito l'interpretazione e la valutazione del materiale probatorio, il controllo dell'attendibilità e della concludenza delle prove, la scelta tra le risultanze probatorie di quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione nonché la scelta delle prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento, per cui è insindacabile, in sede di legittimità, l'accertamento dei fatti operato dal Giudice di merito, ove con la censura proposta se ne voglia sostituire un altro ad esito diverso (Cass. 23/01/2014, n. 1359)”.

Per di più, nel caso specifico, la Corte territoriale non si era affatto “sottratta all'obbligo di spiegare le ragioni per cui ha ritenuto inattendibile la testimonianza del teste: dichiarazioni incongruenti con quanto provato attraverso il certificato del sanitario del pronto soccorso, mancato riscontro di quanto riferito, anche in considerazione del fatto che l'autorità di polizia giudiziaria non era intervenuta nell'immediatezza dei fatti né successivamente, incongruenza con riguardo al particolare lasso di tempo lasciato intercorrere tra il sinistro e la querela”.

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